Journal

Ian Dewei, in arte Ian Mo, è un mio collega nonchè amico che ho conosciuto nel 2019 in quella bellissima avventura in Cina, a Shenzhen. È un bravissimo fotografo e ha di recente realizzato un book dove ritrae scorci della città in cui vivo, Milano.

Proprio per quest’ultimo suo volume, mi ha chiesto una piccola introduzione, dove esprimere “il tuo concetto di fotografia, il tuo modo di vedere e comprenderla”. Una super domanda. Affrontiamo la sfida e rispondiamo.

Fotografia

Il mio rapporto con la fotografia è estremamente in crescita. Tutte le passioni sono ovviamente in divenire, ma fra tutte la fotografia si è insinuata pian piano, senza esserne veramente consapevole se non di recente. Come tutti, fin da piccola sono stata fotografata, sono stata sommersa dalle immagini e utilizzato senza problemi macchine fotografiche o device con una camera. Ma a un certo punto qualcosa è cambiato, ovvero quando dietro a un gesto così automatico sono andati via via ad affiancarsi delle riflessioni, delle intenzioni.

fotografia e cinema

uno screenshot del commercial “Killer in Red”, regia di Paolo Sorrentino, tutti i diritti riservati

Se togliamo la scontata necessità di documentare e condividere, e invece consideriamo la fotografia da un punto di vista artistico, il mio primo rapporto con lei in questo senso è nato attraverso il cinema. Adoro vedere film fin da quando ne ho memoria, e alcune pellicole mi hanno incantato, imbambolato. Sempre di più realizzavo che a influenzarmi moltissimo era la fotografia, che singoli fotogrammi sapevano emozionarmi o stupirmi, rapirmi in pochi secondi. Per alcuni anni ho iniziato a collezionare screenshots, ad ammirarli, a riesumarli dalle cartelle del computer dove li avevo salvati. Le loro composizioni erano perfette, armoniche, avrei potuto guardarle per ore.

fotografia e rappresentazione

Area Archeologica del Monte Jato, Palermo, Ottobre 2009 @Virginia Lorello

Il secondo approccio con la fotografia è stato molto più difficoltoso, in quanto ha richiesto una mia partecipazione attiva e non più un ruolo da spettatore. Alla Facoltà di Architettura infatti, oltre alla produzione di disegni, modelli e relazioni, un ruolo chiave era costituito anche dalle immagini.

Nelle presentazioni di laboratorio eravamo spesso chiamati a esporre il nostro progetto, o a raccontare dei luoghi esistenti. Diventava necessario raccogliere pochi scatti selezionati, con i quali raccontare con estrema sintesi e chiarezza le problematiche di un luogo; i pregi di un’idea; l’essenza di un paesaggio.

È stato più difficile e diverso di quanto mi aspettassi. Non dovevo più imbracciare a caso una fotocamera, scattare a raffica: era estremamente improduttivo e non riuscivo a comunicare con efficacia. Avevo necessità di adottare un metodo critico, selezionare cosa dire e come, ragionarci. È stata una fatica, ma si può dire che i miei primi rudimenti di fotografia siano nati in quegli anni, imparando dai miei colleghi, sbattendo sui miei stessi errori.

fotografia e viaggi

rovine di Solunto (PA), Luglio 2012, @Virginia Lorello

Più o meno negli stessi anni in cui ho iniziato a viaggiare di più, e a utilizzare la fotografia come mezzo critico per gli studi universitari, ho unito l’utile al dilettevole. Quello che andavo imparando, lo applicavo anche ai viaggi di piacere.
Durante la visita di città mai viste prima ho cercato di riservare un po’ più di tempo alla cura degli scatti, mi sono sforzata nel ritrarre con attenzione un luogo, un’architettura; ho ridotto lo spazio dedicato alla documentazione “per ricordo” per cercare di sentire quello che stavo facendo. E anche Milano ha fatto parte di questi primi esperimenti.

Al ritorno, nella gioia di condividere gli scatti con gli amici, applicavo un secondo filtro: selezionavo ulteriormente fra la quantità di foto scattate, perchè chi le vedesse potesse percepire cosa mi fosse piaciuto, cosa ne pensassi, quale fosse il mio punto di vista.
Iniziava a essere divertente. I principi compositivi ed estetici assorbiti nel corso degli anni (fra lo studio dell’arte, dell’architettura, della composizione pura) venivano fuori all’improvviso: li applicavo, ci giocavo, mi piaceva calibrare volumi e sagome che si stagliavano all’interno dell’inquadratura. Senza essere cosciente del successo che avesse fra i volumi di teoria, applicavo la legge dei 2/3 su diverse mie foto.

Insomma, era come aver trovato un anello mancante nelle mie passioni preferite e aumentava sempre più il mio interesse. Interesse ma anche autocritica: su miriadi di foto scattate ero soddisfatta veramente di pochissime.

fotografia: tecnica e teoria

home in Valtournenche
un “selfie” durante il servizio del progetto casa a Valtournenche, @Virginia Lorello

Per comunicare le mie idee ai clienti, il mio lavoro richiede la produzione di render, immagini fotorealistiche di progetti non ancora realizzati. È come scattare foto a un ambiente virtuale.
Quando invece seguo un cantiere e l’opera è finita, per documentarla servono foto di buona qualità e che sappiano sintetizzare la qualità del progetto.

Per entrambe ragioni, oltre ai concetti estetici e compositivi, a un certo punto ho dovuto effettuare un terzo passo verso la fotografia: imbracciare guide e libri e mettermi a studiare.
Studiare testi tecnici sulla regolazione di parametri come esposizione e tempo di scatto, seguire guide tecniche sull’utilizzo pratico di una fotocamera, abbracciare libri teorici come quello di Luigi Ghirri di cui ho scritto qualche tempo fa e libri di storia della fotografia.

All’apparenza un approccio meno entusiasmante, ma che in realtà mi ha permesso di capire esponenzialmente di più in minor tempo, di migliorare la qualità dei miei scatti, nonchè di arricchirmi ulteriormente come persona e come professionista. È stato come portare la fotografia a tutt’altro livello.

La strada è ancora lunga, ci sono ancora molti fotografi che devo ancora conoscere, per non parlare dell’abisso tecnico che va ancora colmato, ma sento di essere all’inizio di un nuovo percorso davvero bello.

In chiusura

Peschiera del Garda, Giugno 2020, @Virginia Lorello

Credo che tutto questo mio testo voglia esprimere un concetto abbastanza condivisibile, nonostante per esprimerlo sia ricorsa a un resoconto cronologico personale: la fotografia è un linguaggio universale, da cui è possibile accedere da più porte. È un mezzo di espressione tecnico e artistico insieme, e può essere usato a diversissimi livelli.

Ognuno di noi può costruire con lei un rapporto del tutto personale. Anche ammirando il lavoro di altri, è un’avventura che vale la pena di iniziare.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *