Sembrerà banale, ma non lo è. È un obiettivo complicato da raggiungere, è complicato non cedere a soluzioni di facile approccio, ed è altrettanto complicato valutare di volta in volta – perché nessuno ha una risposta in mano e si tratta di valutazioni soggettive, basate sulla propria sensibilità.
Perchè?
Innanzitutto ha senso comprendere bene l’obiettivo, prima ancora di parlare di metodi: perché dovremmo perseguire l’idea di una casa senza tempo, non ancorata alle mode?
Capire le ragioni, ci aiuta a comprendere se fa davvero al proprio caso, e se sì, rende l’impegno più forte, personale, perché ovviamente si aderisce con maggiore convinzione. Seguendo due punti di vista differenti, ho rilevato queste ragioni:
Dal punto di vista di un architetto
Come professionisti, offriamo un servizio per aiutare un cliente: ad esempio gli permettiamo di realizzare un progetto tramite le nostre competenze e conoscenze tecniche, e lo guidiamo perché non incappi in errori tecnici o estetici che farebbe senza la nostra consulenza. In questo pacchetto, già di suo abbastanza impegnativo e arduo, per vocazione e formazione molti di noi vi aggiungono una missione creativa.
Questa varia ovviamente da sensibilità a sensibilità – può avere aspetti più hi-tech, filosofici, green o pratici, e sarebbe difficile metter d’accordo tutti. Ma spero di non fare un errore immane se individuo questi fattori comuni a tutti noi professionisti:
- prendere sul serio ogni scelta: nulla va lasciato al caso, va tutto ponderato scrupolosamente e non fare tanto per fare, o perché non si ha idea. Adottare senza batter ciglio una soluzione già masticata e digerita, pronta all’uso non è da noi. Se è sì, è perché ne siamo convinti e ne vale davvero la pena.
- contribuire e sperimentare: sembra di spararla grossa, ma che ci volete fare, ad esempio per me è così. É come se facessi parte di qualcosa più grande di me, di un cammino comune, a cui si vorrebbe aver l’onore di prender parte – o quantomeno si vuole render giustizia provandoci. Non esiste progetto in cui non mi sforzi a pensarla in un altro modo, a cambiare punto di vista, anche perché è da questi che scaturiscono micro e macro innovazioni. E so di non essere l’unica.
- adattare in base a cliente e contesto: come un sarto adatta un vestito alle forme del proprio modello, così un architetto trova naturale declinare una soluzione in base al cliente, al luogo eccetera. Forme già pronte e confezionate vanno in contrasto con questa esigenza.
- esprimersi: a chiusura di questo cerchio, dove tutte queste motivazioni in fondo si mescolano l’una nell’altra, non poteva non esserci l’esigenza creativa. Nessuno vorrebbe essere associato alla banalità, diventando un mero esecutore da copia-e-incolla. Quanto è bello esprimere la propria sensibilità estetica? Sarebbe come soffocare un istinto.
Dal punto di vista di un cliente
È chiaro che stratagemmi già collaudati possano apparire rassicuranti, facilmente immaginabili, “toccabili con mano”, perché li avete già visti a casa dell’amico, in showroom, o nei social. Questo vantaggio però, porta le persone ad adottare solo quanto già preconfezionato. Un professionista (per i motivi di cui sopra) ragiona in termini più generali o assoluti, valuta il meglio per il caso in questione e vi dà questi valori aggiunti:
- personalizzazione: forse l’aspetto più importante. La soluzione può adattarsi al vostro gusto, alle vostre idee e rispecchiare il meglio per voi, per il vostro budget e per il contesto. È qualcosa di vostro, non un progetto qualsiasi.
- comodo e perfettamente adattato: è il progetto ad adattarsi alle forme della vostra casa, a farla risaltare meglio; a essere più comodo per le vostre abitudini. Non è invece un vezzo estetico che diventa scomodo da gestire, non adatto alla vostra vita. Come un abito su misura!
- difficile stancarsi: sono sicura che su questo sarete tutti d’accordo. Quando qualcosa piace, per davvero, non ci si stanca – o comunque ci si stanca davvero molto tardi! Se si adotta invece qualcosa solo per la moda, dura ben poco. Un progetto longevo non sembrerà datato dopo pochissimo tempo e non avrete voglia di cambiarlo.
Sarebbe comunque possibile?
Facciamoci un’ultima domanda prima di proseguire:
“è possibile creare qualcosa di a-temporale, non legato fortemente alle mode?”.
A questo ci risponde la storia dell’architettura. È ovvio che ogni creazione sarà fortemente legata al suo contesto, che magari sarà facile anche rintracciare in quali anni è stata costruita e realizzata (è anche parte del suo fascino). Tuttavia se si dà uno sguardo a quelle case ben ragionate, ben disegnate, il loro aspetto vi sembrerà comunque valido. I loro spazi sembreranno comunque belli, vivibili e non avrete voglia di cambiarli (ovviamente se vi sono piaciuti a prescindere dalla moda e se non sono fatiscenti!).
Basti vedere delle case famose appartenenti a diversi epoche e diventate casi esemplari (qui nell’articolo ne ho messe un bel po’, proprio a scopo dimostrativo!). Pensate ancora alle case divenute musei o attrazioni (le ville liberty ad esempio), o senza scomodare soluzioni eccessivamente nobiliari, anche alcune case famose rimaste impresse grazie a dei film (come l’Ennis House di Frank Lloyd Wright ripresa in Blade Runner, la Villa Necchi Campiglio di Portaluppi in Gucci e così via). O la casa di quella parente-conoscente, se mai vi è capitato, tutta arredata e definite in stile anni ’70, ma bene, accogliente, che sembra davvero un peccato disfare.
Ecco, queste sono case figlie del proprio tempo, ma non superficiali o fatte solo per la moda passeggera. Sono quindi valide anche per anni a seguire.
Come?
Andiamo alla parte difficile: come realizzare un progetto non modaiolo, il meno soggetto possibile a un invecchiamento estetico?
Risposta breve: nessuno ha la risposta sicura, ed è una questione di sensibilità personale.
Risposta un po’ più articolata: molto lavoro viene fatto dall’intuito, e sicuramente non è facile perché è giusto anche farsi influenzare dalle ultime ricerche architettoniche e di design, ed è anche bellissimo essere figli del proprio tempo. Per cercare di trovare la giusta via, ho tracciato alcune linee guida personali e domande da pormi durante il progetto. Tengo quindi a mente alcuni cardini dei principi architettonici e compositivi, e allo stesso tempo cerco di individuare delle “red flags” ovvero segnali a cui porre attenzione. Ad esempio:
- analizzo il contesto, il cliente, la casa: quella soluzione, va davvero bene per questo progetto? O sarebbe una forzatura?
- cerco di non adottare prodotti di scarsa qualità e soluzioni a imitazione di altro (come il finto-legno, finto-marmo, copie di design famosi eccetera). Per quest’ultima nota le ragioni sono tante, e le ho approfondite in questo articolo. Ragionando solamente per il tema in questione: il finto ha davvero una brevissima vita!
- osservo se quell’oggetto, decoro, scelta estetica sta iniziando a prevaricare in troppi contesti, diversi fra di loro (senza esserne un classico), e svilendosi nella qualità e nell’estetica. Presto potrebbe accadere di associare quella scelta a qualcosa di scadente, legato a quella precisa epoca-anni o povero di contenuti. Se voglio proprio utilizzarlo, lo faccio in maniera molto differente (l’arte insegna).
- mi chiedo se mi piace davvero, se l’avrei apprezzato a prescindere dalle mode, o se l’averlo visto onnipresente nelle ultime copertine ha in effetti influenzato questo giudizio. Come chi decanta-odia un vestiario (pensate alle Crocs, le infradito, fate voi): va bene il tempo della moda, ma se nessuno le mette più, le indossereste? È difficile più di quanto credete, bisogna comunque essere molto aperti alle novità e conoscere il più possibile.
- cerco di astrarre. Ad esempio mi chiedo come si comporterebbe un architetto degli anni passati, dove l’architettura aveva un carattere ancora più autoritario, alto, e credevano moltissimo nella professione quasi come a una missione. Oppure cerco di ragionare in maniera assoluta, immaginando come possa apparire in futuro. Questo permette di distaccarsi leggermente dal contesto attuale e provare a porsi in prospettiva futura.
E se non resisto?
Se qualcosa di attrattivo-nuovo-super diffuso piace sul serio, e ne siete convinti… cedere assolutamente! Magari puntando direttamente sul prodotto di punta e non sulle imitazioni di competitors. Infatti se le sensazioni sono tutte positive, se fa al caso vostro, è molto probabile che stia diventando un classico, ed è meglio avere quello che per primo ha lasciato un segno (che spesso è anche quello più ragionato).
In fondo i Rayban, i Levi’s, la lampada ad arco di Castiglioni… non sono piovuti mica dal cielo.
Altri casi in cui dire sì?
Potrei cedere all’ovvio e al collaudato in caso di locali temporanei, negozi, uffici, appartamenti di cui si ha già la consapevolezza che non dureranno per sempre. Per cui, se nel giro di pochi anni verranno rinnovati, molti degli svantaggi di cui sopra verranno meno.
Certo, ci sono architetti che hanno creato opere temporanee che hanno scritto importanti pagine di storia dell’architettura, quindi è pur sempre un’occasione sprecata in termini di ricerca, bellezza e sviluppo dell’estetica.
Considerate la casa ripresa in questo film. Sarà arredata in stile anni ’30/40? Paragonatela adesso agli altri esempi che ho messo in questo articolo: questa casa sarà stata curata da un proprietario o architetto/geometra/ingegnere x. Tutte le altre altre case invece, sono nate da architetti con una cultura estetica e con un serio impegno nei confronti dell’architettura.
Due ultime parole
L’invito a guardare più in là dell’immediato non è un’esortazione a tapparsi gli occhi ed evitare ogni nuova trovata estetica o moda, anzi! La ricerca è sempre importantissima, e conoscere quello che ci circonda ci arricchisce, aggiunge profondità e permette anche di sentirci più sicuri rispetto a ciò che piace.
Solo i posteri sapranno se i nostri progetti invecchieranno bene o no, ma è giusto porsi il problema sia per il rispetto del cliente che del proprio lavoro e di quello in cui si crede.
Si cerca di fare il meglio, e speriamo di prenderne i migliori frutti possibili! 🙂